Oggi siamo venuti in visita nell’ecovillaggio Città della Luce, che si trova a Trecastelli in provincia di Ancona. Ci fermeremo qui due giorni per conoscere la comunità, le loro attività e per visitare questo meraviglioso posto che appare subito intriso di un’energia potentissima. Durante la visita ci presentano la co-fondatrice Siddha Giovanna Bellini, che ci racconta la sua storia. Ha cresciuto due figlie qui e ce ne parla con una luce e una consapevolezza che mi colpisce particolarmente. In quell’istante mi é venuto in mente che da quando é partito il giro degli ecovillaggi é capitato più volte che le persone ci abbiano chiesto, sia online ma anche durante la presentazione dal vivo a Bellaria, la fatidica domanda per chi ha figli é possibile vivere in un ecovillaggio?
Immediatamente mi giro verso Lorenzo e gli dico che potrebbe essere utile approfondire questo argomento per la community di Chakruna.
E così dopo pranzo mi ritrovo insieme a Siddha, a chiacchierare di maternità, scelte, e di come la comunità può diventare un reale supporto per le mamme che scelgono di farne parte. Siamo nel suo ufficio che sembra un luogo senza spazio e tempo, sono circondata da monili, rune, opere d’arte, disegni, oggetti di potere. L’atmosfera di questo posto mi accoglie e mi fa sentire grata di ascoltare la storia di una vita che potrebbe essere di ispirazione per chi desidera vivere in un ecovillaggio e ha figli o desidera averne.
Come mai hai scelto di vivere in un ecovillaggio?
La mia scelta di vivere in un ecovillaggio é maturata dal bisogno di voler guarire alcune parti di me; infatti, nonostante vivessi nel pieno della libertà di fare ciò che desideravo non mi sentivo felice.
Come hai vissuto la gravidanza in comunità?
Durante la mia prima gravidanza ricordo che sono emerse diverse ombre che non mi hanno portato ad accettare subito la maternità. Con gli strumenti messi a disposizione dalla comunità ho potuto lavorare su questi lati, diventarne consapevole e crescere.
Quello che ci tiene uniti qui alla Città della Luce é l’intenzione di tutti i membri della comunità di fare un lavoro spirituale su se stessi e di imparare dalle relazioni grazie agli strumenti che abbiamo a disposizione.
Quindi, per te, per chi ha figli in che modo é possibile vivere in comunità?
Innanzitutto, io ho conosciuto quello che poi é diventato mio marito (ora ex) e padre della mia prima figlia mentre ero già in ecovillaggio. Stavo già facendo un percorso di crescita spirituale su di me da 4 anni quando sono rimasta incinta e questo per me, come dicevo, e’ stato fondamentale. Da sola non avrei avuto gli strumenti per crescere le mie figlie come desideravo. Per quanto tu possa avere letto libri, fatto corsi, quando diventi genitore se non hai consapevolezza di chi sei realmente, inevitabilmente durante la gravidanza le dinamiche si centuplicano e se non si hanno gli strumenti per autoconoscersi può diventare difficile affrontare questa profonda esperienza trasformativa nella sua totalità.
Credo che sia essenziale per chiunque decide di diventare genitore fare del lavoro su di sé perché diventare genitori non é mai semplice e quando viene al mondo un bambino si muovono tante cose a livello emotivo, emergono vissuti personali e se non hai strumenti che ti aiutano in quei momenti diventa difficile vivere con serenità quel periodo.
Per me il sostegno ricevuto da parte della comunità é stato fondamentale, il poter lavorare sulle mie emozioni, in un luogo protetto e privo di giudizi, esplorare i sensi di colpa scoprendo che spesso siamo noi i nostri peggiori giudici, e che la presenza e il sostegno di altre persone, che sono su un percorso di crescita personale, può essere un aiuto inestimabile in un momento così delicato, per la madre e per i suoi figli.
Nel mio caso ho avuto la grande fortuna di avere mia madre con me, che si è unita alla comunità all’età di 70 anni per iniziare anche lei un percorso di crescita spirituale e nel contempo essermi di aiuto con le bambine. Abbiamo così potuto lavorare “dal vivo” su tutta una serie di informazioni genetiche ed educative della mia famiglia di origine, un lavoro di valore inestimabile. Mia madre ha oggi 90 anni e sta molto bene, vive con noi, è sana e serena.
Come hai vissuto l’idea di condividere la crescita delle tue figlie con altre persone?
Poiché ero già sul percorso di crescita spirituale ho vissuto questa idea con tranquillità. Sapevo molto bene che il fatto di dare loro anche altri riferimenti poteva essere di grande stimolo e supporto sia per me, che per loro, non ho quindi avuto problemi a lasciare andare il controllo su di loro. In generale credo che, come si faceva anticamente nelle tribù, sia un bene che i figli vengano cresciuti da tutta la comunità.
Avere altri adulti come figure di riferimento é una esperienza importante e stimolante per il bambino, e al genitore questo permette di diminuire le apprensioni imparando a dare fiducia e a rispettare le volontà del bambino. Ogni bambino é diverso, é importante lasciarli esistere, lasciarli tranquilli evitando di inibirli fin dalla tenera età dicendogli fin da subito quello che é giusto, e quello che é sbagliato, dando un’etichetta a tutto. Permettendogli di esprimersi nella sua naturalezza, il bambino impara a conoscersi e ha la possibilità di crescere sapendo chi é.
Piccolo appunto mio: infatti passiamo tutta la vita a riapprendere ciò che siamo. 🙂
Com’é stato l’approccio con le scuole per le tue figlie?
All’epoca abitavamo ancora a Turbigo dove non avevamo ancora avviato dei progetti formativi interni quindi le mie figlie sono andate in una scuola all’esterno insieme ad altri bambini. Siccome all’epoca erano le uniche bambine della comunità per loro é stato molto positivo incontrare altri bambini e conoscere una nuova realtà. Sicuramente l’ideale sarebbe che in una comunità ci fossero anche altri bambini in modo da farli crescere in compagnia e realizzare progetti formativi interni alla comunità, cosa che ora alla Città della Luce stiamo facendo.
Qual é il vantaggio di una mamma di crescere i propri figli in comunità?
Oltre all’aspetto legato alla crescita spirituale come ho già detto, le rispettive mamme possono organizzarsi in modo più autonomo in una comunità, tenendo i bambini a turno e avendo così più tempo per occuparsi delle attività della comunità. Anche reinventarsi a livello lavorativo diventa più sostenibile con un aiuto favorito da parte dell’intera comunità. Inoltre, qui alla città della Luce, è nostra abitudine condividere il proprio vissuto, la comunità permette alle mamme di non sentirsi sole e di ispirare così altre donne, grazie a questa meravigliosa esperienza.
Non esiste un unico modo di fare le cose, non esiste un unico modo di essere madre.
Com’é stato l’approccio con le persone al di fuori della comunità?
Ecco, le mie figlie sono cresciute all’interno di uno spazio protetto, con persone consapevoli e imparando sul campo come stare al mondo e come gestire i propri stati d’animo condividendo e comprendendo le proprie emozioni. Questo é stato un grande privilegio che le accompagnerà per tutta la vita.
Man mano che sono cresciute, infatti, hanno creato rapporti di amicizia anche fuori, ed essere state abituate a vivere in gruppo le ha aiutate a gestire in maniera naturale i rapporti. Ti dico solo che la grande ha dato l’esame di sociologia all’università, e aveva già fatto esperienza sul campo di tutte le teorie studiate sui libri, per farti capire…
Fino a che età hanno vissuto qui alla Città della Luce le tue figlie?
Fino alla fine del liceo, intorno ai 19 anni. La grande poi ha fatto 6 mesi di esperienza come ragazza alla pari in Australia e adesso vive a Milano, studia all’università e lavora in un ristorante per arrotondare le sue spese. L’altra vive con il padre a pochi km da qui.
Crescendo e avendo il desiderio di conoscere e sperimentare il mondo entrambe hanno scelto di fare esperienza di una vita fuori dalla comunità, come é giusto che sia. È importante avere più punti di vista, per poter scegliere cosa fare nella propria vita, sapendo che la comunità sarà sempre felice di accoglierle se e quando vorranno tornare.
Questo stile di vita comunitario veniva giudicato o accolto dagli amici delle tue figlie fuori dalla comunità?
Erano più le mie figlie a credere che il fatto di vivere in una comunità di 20 o più persone potesse sembrare una cosa strana per gli amici, ma questo non é mai successo, anzi, venivano sempre molto volentieri qui. Era divertente perché da piccole erano abituate a raccontare alle persone che vivevano in una grande famiglia allargata, e questo per loro era assolutamente normale!
Come hanno vissuto le tue figlie la separazione dal tuo compagno?
Quando mi sono lasciata con il mio compagno, abbiamo vissuto entrambi all’interno della stessa comunità e questo ha insegnato alle mie figlie che quando due persone non vogliono condividere più lo stesso percorso per bisogni differenti non é un dramma. Quando lavori su te stesso comprendi il motivo per cui finisce una relazione e eviti di usare i figli come scusa o per rimanere insieme in una relazione dove non c’é più amore, o per punire il compagno rimanendo attaccato al rancore di quello che poteva essere ma non é mai stato.
Ora le tue figlie hanno 19 e 21 anni, vedi dei tratti distintivi rispetto ai ragazzi che non hanno vissuto in comunità?
Assolutamente si. Hanno una grande apertura mentale, hanno avuto molti stimoli linguistici, qui da noi per un periodo hanno vissuto alcune ragazze e ragazzi stranieri che parlavano inglese, francese, spagnolo, e questo ha permesso loro di conoscere persone di nazionalità diverse e di rimanere aperte alle culture differenti dalla nostra. Inoltre, a livello comunicativo sono sempre state abituate a dire la verità, a esprimere le loro emozioni, e a non aver paura di essere chi sono. Hanno imparato ad aprire il loro cuore e ad utilizzare gli strumenti di autoconoscenza che mette a disposizione la comunità.
In che modo la vita in comunità può agevolare la scoperta dei talenti e accompagnare i ragazzi a trovare il loro posto nel mondo?
Una cosa importante da dire é che le mie figlie hanno vissuto la comunità come un punto di riferimento, e anche quando si sono allontanate hanno sempre saputo di poter trovare qui un un punto stabile, un po’ come anticamente doveva essere la famiglia, il clan. Inoltre, qui sono state molto stimolate perché anche a livello artistico hanno potuto esplorare i loro talenti, infatti una canta e l’altra balla 🙂
Sono state cresciute libere di scoprire chi sono, non ci sono mai stati dei ruoli prefissati, e questo ha permesso loro di conoscere se stesse e ricercare la propria essenza, venendo sostenute e appoggiate dall’intera comunità. Quando mia figlia faceva i primi concerti, ad esempio, andavamo a farle il tifo in 20! Quindi dal punto di vista dei talenti, la vita in comunità agevola questa scoperta perché si persegue la ricerca dell’autenticità e della verità interiore. Quello che porti fuori sei tu.
Che ruolo ha la comunità nella tua vita e come deve essere vissuta?
Una comunità amplifica tutto, le tue cose diventano di tutti, nel bene e nel male, perciò e’ una tua responsabilità lavorare su di te per prendere coscienza di te stesso, dei tuoi potenziali e capacità. Sono stata molto stimolata a riconoscere e portare fuori i miei talenti e così è per tutti noi.
Un punto chiave della vita in comunità é che siamo qui per dare il nostro contributo, per questo è importante capire realmente chi siamo e perché siamo qui, in questa vita e su questa Terra. Impariamo a prenderci la responsabilità delle nostre azioni, lavoriamo per migliorare noi stessi e per costruire insieme il nostro progetto comune, creato da noi come singoli individui autentici, che scelgono di vivere e lavorare insieme. Non siamo qui per prendere ma soprattutto per dare e dal dare che arriva poi il vero riconoscimento. Altrimenti si torna ad essere figli e la comunità diventa la grande madre. E invece non e’ così.
La comunità é un figlio, é un progetto comune che ognuno porta avanti dando il proprio contributo.
Nella nostra visione é così. Un progetto poi dà i suoi frutti e i frutti sono la celebrazione di condividere tante belle esperienze insieme e di potere così crearne di nuove, in continua crescita ed evoluzione ma questo non avviene aspettando che le cose accadano, ma avviene quando tutti i membri di una comunità si prendono la propria responsabilità senza delegare ad altri il proprio compito.
Grazie Siddha per la tua esperienza e per il tempo che mi hai dedicato!
Crescere figli in un ecovillaggio, e tu cosa ne pensi?
Se ci pensiamo bene in passato era considerato normale crescere i figli in comunità. Le famiglie stesse erano comunità, e i nostri nonni e alcuni dei nostri genitori hanno vissuto così. Il bambino viveva “senza frontiere” e poteva confrontarsi con riferimenti diversi, e non esclusivamente con la mamma e il papà. Questo diminuiva le aspettative dei genitori, riorientava le energie anche all’esterno e ampliava la fiducia verso le altre persone, considerate parte della “tribù”, e non sconosciuti di cui avere paura.
Col tempo, abbiamo completamente perso questo senso di appartenenza, e non solo, il condizionamento indotto della nostra società ci ha portato a crescere i nostri figli indirizzandoli a:
- seguire routine serrate che non lasciano spazio e tempo,
- scegliere lavori guidati dal bisogno (e quindi dalla paura),
- tralasciare completamente l’esplorazione e il riconoscimento delle proprie inclinazioni individuali e talenti.
Abbiamo fatto il meglio che potevamo, ma possiamo analizzare i risultati prodotti da questo cambio di direzione.
Questo sistema ha creato giovani disorientati che faticano a trovare la propria strada e sopratutto che non sentono di avere un posto in questo mondo.
Giovani che si sentono inadeguati perché non sono stati abituati a cavarsela da soli e che si sentono incapaci di riconoscere e comunicare come si sentono, perché nessuno glielo ha mai insegnato.
Vivere in comunità con altre persone è un’ottima opportunità per fare tesoro di tutto questo e per regalare questa esperienza ai propri figli.
Dalla mia esperienza, credo che qualcosa possa già essere fatto qui e ora, nel posto e con le persone con le quali ci troviamo in questo momento.
Portare nella propria famiglia abitudini diverse, imparare strumenti che facilitano la comunicazione tra i membri della famiglia ed iniziare ad avere più fiducia verso il prossimo, cambia completamente l’orizzonte.
La realtà non è altro che uno specchio di noi stessi, per cui facendo un lavoro interiore spirituale, possiamo creare un mondo diverso.
Per questo mi piace così tanto ascoltare le storie di persone anche molto diverse.
Le lezioni che stiamo imparando, sopratutto in questo periodo storico, sono interconnesse.
Quello che sta vivendo la nostra famiglia oggi è poco lontano da ciò che sta vivendo un’altra.
Forse ci dovremmo solo ricordare questo.
Siamo interconnessi. Siamo uno.
p.s.
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