Hai mai sentito parlare delle linee di Nasca?
Su una pianura desertica a sud di Lima, in Peru, una civiltà ormai scomparsa ha tracciato simboli, forme di animali e linee, alcune delle quali raggiungono i 14 chilometri di lunghezza. Alcuni parlano addiritttura di una ipotesi di contatto con civilta`”venute dall’alto”, perche`molti glifi non sono visibili nella loro interezza dalla Piana. Queste opere si sono conservate perchè si trovano in una delle zone più aride al mondo, praticamente senza venti e senza piogge. Questo ha permesso alle Linee di giungere intatte fino a noi.
Il gruppo di esploratori CHAKRUNA, composto di Paola Xime, Marco, Caterina, Marcella, Luca, Nikken, Isabella, Lorenzo ed io, dopo aver esplorato Cusco, l’antica capitale Inca, ha deciso di andare a fondo di questo mistero. (foto qui sotto alle porte del CISRAP a Nasca)
Abbiamo viaggiato verso Arequipa, la “Ciudad blanca”, per il colore dei suoi edifici costruiti con una pietra bianchissima e poi siamo scesi verso il mare. Ma a causa di una enorme frana, la strada litoranea per Nasca era chiusa. Abbiamo deciso di proseguire lo stesso, facendo “un desvio”, una deviazione che passa all’interno nel deserto roccioso con le jeep 4×4: un’avventura nell’avventura.
Abbiamo percorso la splendida e solitaria costa fino al “desvio”; le tre ore nel deserto tra crepacci e lande desertiche sono state allietate da una sosta a metà viaggio quando ormai era completamente buio. Siamo usciti fuori dalla Jeep e siamo stati accolti da un’aria dolce e calda; alzando gli occhi al cielo non abbiamo potuto che ammirare la volta celeste dell’emisfero australe. Uno spettacolo da mozzare il fiato.
Milioni e milioni di stelle e di costellazioni, che non siamo più abituati a vedere nei nostri cieli europee, disturbati dalle migliaia di luci artificiali.
Prima di partire volevamo salutare l’Oceano e dall’alberghetto del “pueblo de Atico”, abbiamo camminato fino alla spiaggia. Non ci aspettavamo uno spettacolo tanto grandioso, assordante e potente. La spiaggia lunghissima, formata di grandi ciottoli, finiva con una montagnola al di sotto della quale, si infrange roboante e furioso l’Oceano, con onde altissime. Ed eravamo solo noi e i gabbiani a vivere questa esperienza indimenticabile; mentre immortalavamo questi momenti con degli scatti, l’Oceano provava, e a volte riusciva, a farci qualche scherzo: faceva arrivare degli spruzzi e a volte delle vere bordate d’acqua verso di noi, con il risultato che alcuni di noi sono rimasti completamente bagnati!
Dopo altre 3 ore di Pulmino, siamo finalmente arrivati a Nasca. Le nostre domande erano molte:
- Chi ha realizzato queste linee e disegni, e quando?
- Come si sono conservate nei secoli?
- Come mai sono visibili solo dal cielo?
Pieni di curiosità, per capire se i libri e i documentari sulle misteriose linee dicevano il vero, abbiamo deciso di dedicare il primo giorno a esplorare il sito via Terra. E abbiamo scoperto che non è esattamente come ce lo descrivevano, cioè come un’immensa zona che si è desertificata nel corso dei secoli e che è stata progressivamente abbandonata. Accanto al deserto di Nasca infatti c’è un’oasi naturale molto grande, una valle verde e lussureggiante ricca di corsi d’acqua sotterranei. E a breve distanza da questa valle, con una strada molto accidentata, c’è un sito archeologico molto interessante: Cahuachi (foto sotto).
Gli archeologi hanno scavato solo le prime due colline e hanno evidenziato l’esistenza di 2 piramidi, che sono parte di un complesso abitativo enorme. Sulla spianata ci sono centinaia di tombe. (foto sotto)
La strada panamericana è stata edificata sul deserto di Nasca, tagliando alcune linee.
E’ possibile salire su una torre alta una trentina di metri per osservare alcune linee e due disegni: l’albero e le mani (che io ho ribattezzato “il pulcino” FOTO qui sotto).
Lì vicino ci sono anche due collinette e al tramonto abbiamo potuto godere della vista delle linee da questo punto privilegiato. Le linee diritte e lunghissime, il deserto e il tramonto, danno vita a una atmosfera veramente suggestiva, mistica. (foto di Lorenzo nel mirador delle Linee di Nasca)
Il giorno seguente abbiamo effettuato l’esplorazione aerea. E’ un’emozione salire sul piccolo aereo da 10 posti (foto qui sotto) e godere della veduta di questi glifi, vere e proprie opere d’arte. Il Colibrì, il Ragno, il Condor, la Scimmia, sono delle stilizzazioni efficaci e impressionanti di una civiltà che voleva lasciare un segno indelebile, e il cui messaggio è arrivato fino ad oggi.
Dopo la conquista, il primo europeo a parlare dell’esistenza delle Linee è stato il magistrato spagnolo Luis de Monzon; sono state ritrovate poi dall’ archeologo peruviano Tiribio Xespe all’inizio del ‘900 e sono state studiate dallo statunitense Kosok e dalla sua allieva, la tedesca Maria Reicher (1904-1998) che ha avuto la gioia di vedere le linee di Nasca, dopo il suo lavoro lungo una vita, dichiarate Patrimonio mondiale dell’umanità Unesco.
Secondo Maria Reicher, queste linee avevano un significato astronomico: erano la trasposizione sul terreno delle costellazioni.
Molti studiosi sono contrari a questa ipotesi; Reindel e Isla parlano di linee e disegni legati al culto dell’acqua, e volti a favorire la magnanimita`degli dei in queste zone cosi secche.
Morrison e Rostworowski parlano di segni per comunicare con gli dei, in particolare con Viracocha, di cui attendevano il ritorno dal cielo (e questo ha alimentato alcune ipotesi di contatti con civilta “venute dal cielo, di cui si sarebbe perso il ricordo e che avrebbero accelerato l’evoluzione umana)”, come attesta Luis de Monzon nel suo brano del 1586 sulle pietre e strade vicino a Nasca:
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Abbiamo avuto la fortuna di incontrare, presso il Museo Antonini di Nasca, l’archeologo italiano Giuseppe Orefici (al centro nella foto qui sotto all’entrata del Museo Didattico Antonini da lui fondato) , che e` il responsabile della Campagna di scavo di Cahuachi e ci ha concesso una breve chiacchierata. Orefici nega la possibilita’ che le linee e i disegni abbiano una natura astronomica o matematica, come affermava la Reicher. Secondo lui i popoli di Cahuachi e delle zone limitrofe si riunivano nella spianata per fare delle cerimonie rituali, anche con canti e balli. Ed aggiunge: “E’ vero che molti glifi non si vedono da terra, ma provate a pensare decine, centinaia di persone che camminano sulle linee, come in processione, oppure sui disegni degli animali. Questi diventano improvvisamente animati e ben visibili”.
Questa e´una ipotesi molto realistica e suggestiva. Orefici ha anche svelato che Cahuachi e`una citta´- cerimoniale immensa, di cui e´stato dissotterato solo un 1%: una sorta di Roma pre-incaica.
Attendiamo quindi con trepidazione che giungano nuove notizie dagli scavi che riprenderanno a Ottobre; dopo aver ringraziato Giuseppe Orefici per il suo tempo e gentilezza, abbiamo ripreso il viaggio per Cusco, ognuno serbando in cuor suo la sensazione di essere entrati in contatto con uno dei piu`grandi Misteri dell’Umanita´.